BLEFARITI

Il termine blefarite indica una infiammazione delle palpebre. Data la contiguità del bordo palpebrale con le altre strutture che fanno parte della superficie oculare (congiuntiva, cornea e film lacrimale), le blefariti sono spesso associate a congiuntiviti ed occhio secco, nonché -in una minoranza di casi- a cheratiti.
Clinicamente le blefariti vengono classificate in forme anteriori e posteriori, a seconda della localizzazione.

BLEFARITI ANTERIORI

Sono caratterizzate da un’infiammazione (spesso cronica) a carico della parte anteriore delle palpebre, in prossimità delle ciglia. Causano prurito del bordo palpebrale e bruciore della superficie oculare. La causa più frequente è rappresentata dal     Demodex,  un acaro abituale parassita della cute umana che, in determinati pazienti, può raggiungere concentrazioni eccessive. Esistono due forme di Demodex: quella follicolorum, che colonizza i follicoli delle ciglia, e quella quella brevis, che colonizza le ghiandole di Meibomio. Le blefariti anteriori sono causate dal primo.
Il reperto tipico è la presenza di “collaretti” intorno alla base delle ciglia, simili a piccole scaglie di forfora (vedi foto a lato).
La terapia consiste nella pulizia mediante tea tree oil, olio essenziale di origine vegetale dotato di azione anti-infiammatoria ed in grado di eradicare l’infestazione da Demodex. L’olio viene applicato dall’oculista mediante un cotton-fioc imbevuto di una soluzione al 50%. Il trattamento in ambulatorio viene ripetuto di norma 3 o 4 volte a distanza di una settimana l’una dall’altra; a casa il paziente esegue un’igiene palpebrale mediante shampoo delle ciglia, shampoo dei capelli e puliza del viso con prodotti a    base di tea tree oil.

 Esempio di paziente con blefarite anteriore trattata con tea tree oil. Sinistra: prima del trattamento si evidenzia una marcata iperemia sia del bordo palpebrale che della congiuntiva. Destra: a distanza di due settimane i segni di infiammazione della superficie oculare sono scomparsi e l’occhio non è più rosso.

BLEFARITI POSTERIORI

Presentano un’infiammazione prevalentemente a carico della porzione posteriore delle palpebre, dove sono localizzati gli orifizi delle ghiandole di Meibomio, deputate alla produzione della componente oleosa del film lacrimale (il cosiddetto “mebo”). Le blefariti posteriori sono infatti note anche come Disfunzione delle Ghiandole di Meibomio (MGD) e sono caratterizzate da un’alterazione del loro secreto, che tende a solidificarsi e ad ostruire le ghiandole stesse. La mancata secrezione della componente lipidica provoca un’instabilità del film lacrimale, con conseguente comparsa di bruciore e rossore. L’ostruzione dei dotti ghiandolare può portare anche alla formazione di calazi.
Non esiste una causa ben definita, ma un ruolo più o meno importante a seconda dei casi è svolto dai seguenti fattori:
– aumento del numero di Demodex
– ipercolesterolemia
– aumento della carica batterica normalmente presente sulla superficie oculare, con conseguente produzione di enzimi che alterano la componente lipidica del film lacrimale.
La terapia prevede innanzitutto l’uso del calore, in grado di liquefare il secreto delle ghiandole di Meibomio. L’aumento della temperatura può essere ottenuto con mezzi diversi: il più semplice è l’utilizzo di “compresse” calde, ovvero di un semplice fazzoletto di cotone bagnato nell’acqua calda. Per ottenere un effetto prolungato, esistono in commercio prodotti specificamente sviluppati. Due esempi sono la maschera che si riscalda da sola (clicca qui per il link) oppure gli occhiali anch’essi autoriscaldanti. Molto utili sono anche le tetracicline, una classe di antibiotici che in Italia è disponibile come pomata oftalmica (negli Stati Uniti viene prescritta in forma orale), e gli omega 3. Ma l’ultima novità è rappresentata dall’uso della luce pulsata, che richiede un’applicazione di pochi minuti per ottenere risultati duraturi.