Che cos’è il cheratocono?

Il cheratocono è una malattia degenerativa non infiammatoria della cornea caratterizzata da un progressivo assottigliamento dello stroma centrale e paracentrale e da uno sfiancamento conico (o ectasia) del profilo corneale che inducono l’insorgenza di un astigmatismo miopico irregolare.
Il termine “cheratocono” deriva da due parole greche: keratos=cornea e dalla parola konos=cono. In pratica significa cornea conica, ed è una condizione nella quale la cornea viene a perdere la sua forma sferica normale, deformandosi in modo irregolare a forma di cono (vedi foto a destra). Questo fatto compromette la nitidezza della visione anche quando sono utilizzati gli occhiali. Bisogna, infatti, sapere che le lenti degli occhiali sono costruite con dei concetti di simmetria che poi devono ritrovarsi nell’occhio.
Nel cheratocono la deformazione della cornea avviene in modo irregolare, asimmetrico e quindi solo parzialmente risulta correggibile con gli occhiali tradizionali. Tale deformazione, come sopra riportato, è dovuta ad una alterazione della struttura dello stroma corneale che porta ad un suo progressivo assottigliamento e conseguente sfiancamento.
È una condizione progressiva che può evolvere velocemente o svilupparsi lentamente negli anni. Spesso colpisce entrambi gli occhi (90%-95% dei casi), ma si manifesta in tempi diversi tanto che inizialmente soltanto un occhio può sembrare interessato dalla malattia.

Qual’è la frequenza del cheratocono?
Il cheratocono è una patologia rara con una incidenza (nuovi casi per anno) riferita alla popolazione generale attorno ad un caso per 2.000 abitanti. Non sembra esistere una prevalenza maggiore a carico di uno dei due sessi.

Le cause
L’eziologia del cheratocono rimane ancora, a tutt’oggi, poco chiara.
Il fatto che questa patologia sia presente spesso in più membri della stessa famiglia ci lascia pensare ad un forte ruolo degli aspetti genetici ma non si sono ancora chiaramente identificati i geni responsabili. Si è capito, comunque, che con meccanismi ancora non chiariti, tali geni altererebbero il regolare ricambio delle fibre collagene della cornea. Le fibre collagene della cornea per durare nel tempo, vengono sottoposte dal nostro organismo ad una continua “manutenzione”, una progressiva sostituzione eseguita da cellule specifiche dette cheratociti. In pratica la patologia comporterebbe uno squilibrio tra produzione e degradazione delle fibre collagene dello stroma corneale. Ne deriverebbe una ridotta resistenza meccanica della cornea che si tradurrebbe in un assottigliamento ed una deformazione della medesima. Poiché l’occhio, come un pallone, ha una pressione interna (pressione intraoculare), succede che questa pressione nel punto di minore resistenza della cornea ne determina una protrusione verso l’esterno a forma di cono. Il cheratocono generalmente si presenta come patologia isolata, ma può essere associato ad altre malattie (patologie del tessuto connettivo, dermatite atopica, retinite pigmentosa, ecc.). Tra le cause è descritto che in alcuni casi possa giocare un ruolo anche l’azione meccanica dello strizzare o strofinare gli occhi, come in caso di forme allergiche

Quando si manifesta?
Il cheratocono è molto raro nell’infanzia, si manifesta in genere in pubertà tra i 12 e i 15 anni di età. La forma è spesso evolutiva fino ai  25-30 anni e tende a stabilizzarsi dopo i 35-40 anni. La progressione del cheratocono prescinde da particolari condizioni cliniche oculari ed è imprevedibile.

Come vede il paziente con cheratocono?
I principali sintomi che il paziente riferisce in una fase iniziale possono essere analoghi a quelli di una semplice miopia: compare una sfocatura della visione specialmente guardando lontano. Successivamente la qualità dell’immagine peggiora e compare la percezione di una “sbavatura” delle immagini o di una distorsione delle stesse, soprattutto la notte, con aloni o immagini “oblunghe e distorte“ delle luci. A volte si ha anche la percezione di immagini doppie oppure una deformazione netta delle immagini rette (ad esempio stipiti delle porte e angoli delle case). Questo si traduce in pratica in un “affaticamento visivo” per la visione a tutte le distanze. Il paziente lamenta la necessità di socchiudere gli occhi per una ricerca continua di un “fuoco migliore“. Alcune volte è presente anche fotofobia (intolleranza alla luce). La diagnosi non sempre è precoce poiché all’inizio è spesso colpito un solo occhio.

Classificazione del cheratocono
Esistono diverse classificazioni del cheratocono.Da un punto di vista puramente didattico possiamo, comunque, distinguere il cheratocono in quattro stadi:
1. Cheratocono frustro o subclinico (primo stadio)
2. Cheratocono correggibile con occhiali
3. Cheratocono correggibile con lenti a contatto
4. Cheratocono da trattare chirurgicamente
Si tratta di una classificazione semplificata che, comunque, ci permette di ripercorrere l’evoluzione della malattia e le possibili opzioni terapeutiche. Il cheratocono frustro (primo stadio) è la forma lieve che può essere completamente asintomatica. Le prime deformazioni della cornea possono passare completamente inosservate se non si ricorre ad
apparecchi sofisticati.
In una fase successiva il cheratocono determina la comparsa di un astigmatismo e spesso di una miopia. Inizialmente questi difetti possono essere completamente correggibili con un normale paio di occhiali (secondo stadio). Purtroppo in questo caso si assiste spesso a frequenti cambiamenti del difetto visivo che richiede il “ritocco” degli occhiali.
Quando la deformazione progredisce si assiste ad un incremento dell’astigmatismo tale da rendere gli occhiali poco efficaci nel garantire una buona visione. Si deve, allora, ricorrere alle lenti a contatto (terzo stadio). Non tutte le lenti a contatto vanno bene: nel caso specifico devono essere utilizzate delle lenti dure rigide o semirigide, meglio definite come gas permeabili. Solo queste, infatti, riescono a “regolarizzare” la superficie della cornea in modo tale da consentire una visione accettabile. Essendo le lenti a struttura rigida, generalmente esse non vengono immediatamente tollerate, determinando sintomi quali senso di corpo estraneo, fotofobia, dolore al bulbo oculare. Si può anche avvertire il movimento della lente e, a volte, si può avere la fuoriuscita spontanea della lente stessa provocata dai movimenti oculari. Non dobbiamo dimenticarci che c’è sempre un periodo di adattamento che varia da soggetto a soggetto e che deve essere supportato sempre da una grande motivazione del paziente.
In passato l’applicaione delle lenti si basava su formule teoriche e su ripetute prove. Ora con l’avvento dei topografi si riesce a personalizzarle su misura per ogni cornea riducendo i tempi di adattamento. La regola comune, comunque, è quella di creare, con la lente, una lieve pressione sull’apice del cono per regolarizzalo.
Le lenti a contatto sono un valido sistema di controllo dello sfiancamento corneale ma devono essere usate sotto continuo monitoraggio da parte dell’Oculista e del Contattologo. Infatti, una lente a contatto non adatta può, col tempo, provocare l’abrasione e l’opacizzazione dell’apice della cornea. Con i moderni topografi corneali è possibile creare un protocollo di
controllo affidabile: questo aiuta molto l’applicatore perché può prevenire le complicanze portando alla tempestiva sostituzione della lente, se necessario.

 

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