CORIORETINOPATIA SIEROSA CENTRALE

La corioretinopatia sierosa centrale (CSC) è una patologia della retina, caratterizzata da un accumulo di fluido sottoretinico, che colpisce soprattutto maschi di età compresa tra i 30 e i 50 anni. Spesso si presenta in modo subacuto e il paziente lamenta un annebbiamento visivo monolaterale, una difficoltà nella lettura, una distorsione delle immagini e la visione di una o più macchie scure fisse.

Questa patologia tende a colpire più spesso persone ansiose in situazioni di stress (personalità di tipo A) oppure persone in terapia cortisonica o affetti da condizioni che portano ad un aumento del cortisolo ematico (gravidanza, sindrome di Cushing, lupus eritematoso sistemico, eccetera). Anche la sola assunzione di cortisone in spray o pomate può peggiorare l’evoluzione della patologia o favorirne la recidiva. Alla base della CSC si riscontra una congesione e una iper-permeabilità dei vasi coroideali, anche se ancora non è chiaro come queste condizioni si instaurino.
La patologia in genere si risolve spontaneamente nell’arco di alcuni mesi (2-4) senza lasciare deficit visivi, ma  talora può recidivare, soprattutto se persistono le condizioni di rischio. Nelle forme croniche (45-50% dei casi) si può avere un danno permante ai fotorecettori con conseguente calo visivo irreversibile. Le forme più gravi possono infatti portare ad un distacco sieroso della retina o alla comparsa di neovascolarizzazione coroideale, fibrosi sottoretinica, edema cistoide e atrofia dell’EPR e dello strato dei fotorecettori.

 Immagine a colori della retina di un paziente con CSC

I sintomi riportati dal paziente insieme ad un esame del fondo oculare associato ad un esame OCT possono essere sufficienti per porre diagnosi di CSC. La fluorangiografia e l’angiografia con verde di indocianina possono essere utili per impostare un trattamento mirato nei casi cronici.
All’esame del fondo oculare si osserva tipicamente un sollevamento sieroso della retina in regione maculare (foveale o extrafoveale). Talora i sollevamenti possono essere multipli. Col tempo in sede sottoretinica si possono osservare piccoli precipitati giallastri di materiale proteico o di derivazione dai segmenti esterni dei fotorecettori nell’area del distacco. 

L’esame OCT mostra un sollevamento sieroso del neuroepitelio associato talora a uno o più distacchi dell’epitelio pigmentato retinico (EPR). L’OCT è molto utile anche nel follow-up della patologia in quanto è un esame non invasivo ed estramamente preciso che permette di quantificare piccole variazioni del fluido sottoretinico e di individuare distacchi dell’EPR e alterazioni dei fotorecettori che possono sfuggire all’esame del fondo oculare. Nelle forme croniche si possono rilevare con l’OCT spazi cistoidi intraretiniche e distacchi piani irregolari dell’epitelio pigmentato che a volte nascondono neovascolarizzazioni coroideali. Questi neovasi spesso si possono individuare chiaramente con le moderne tecniche di angiografia-OCT, un esame non invasivo che permette di studiare la circolazione retinica senza l’utilizzo di mezzi di contrasto. Anche l’autofluorescenza retinica può essere un esame utile per le forme croniche in quanto permette di individuare aree di degenerazione e atrofia dell’epitelio pigmentato e dei fotorecettori come conseguenza della prolungata persistenza di liquido sotto la retina.

L’OCT evidenzia un distacco sieroso del neuroepitelio

Immagine AF in paziente affento da CSC

Trattamento

Negli anni numerosi farmaci sono stati tentati per il trattamento della CSC, anche se nessuno ha finora dimostrato una chiara efficacia. I farmaci usati più frequentemente sono rappresentati da acetazolamide, betabloccanti, finasteride e farmaci anti-VEGF. L’attenzione viene posta ultimamente soprattutto su farmaci anti-steroidei, vista l’importanza dell’ipercortisolismo nella patogenesi della CSC. Inoltre, vista l’associazione con situzioni di stress e ansia sono state tentante terapie con farmaci come la melatonina, che migliora il ciclo del sonno.
Nei casi in cui la fluorangiografia abbia evidenziato uno o più punti di fuga in regione extrafoveale, si può effettuare un trattamento laser diretto sul punto di fuga. Questo trattamento può essere preso in considerazione quando il fluido non si è risolto spontaneamente oltre 3 mesi e il paziente accusa un progressivo calo visivo.
Nelle forme croniche o in cui il punto di fuga sia vicino alla fovea può essere indicata la terapia fotodinamica (PDT), un laser freddo che viene applicato per alcuni secondi sull’area di epiteliopatia dopo avere iniettato in vena una una sostanza conosciuta con il nome di verteporfina. Siccome la verteporfina è un farmaco fotosensibilizzante, il paziente dovrà evitare l’esposizione alla luce solare e alogena per 3 giorni dopo il trattamento.
Esiste oggi un nuovo laser che agisce sulle aree di epiteliopatia senza la necessità di iniettare farmaci. Si tratta di un laser giallo micropulsato in grado di attivare l’EPR senza causare cicatrici irreversibili sulla retina. Come la PDT può essere ripetuto nel tempo e viene eseguito ambulatorialmente in pochi minuti. In genere, l’effetto del laser non è immediato, ma possono essere necessarie alcune settimane prima che compaiano dei miglioramenti. Diversamente dalla PDT, però, il paziente può tornare alle sue abituali attività subito dopo al trattamento.
Infine, nei casi in cui la CSC si complichi con una neovascolarizzazione coroideale è indicato il trattamento con iniezioni intravitreali di farmaci anti-VEGF.

 

 OCT di un paziente affetto da CSC 1 mese prima e 3 mesi dopo trattamento con laser giallo micropulasato.